Si può imparare a convivere con una malattia autoimmune grazie a un lungo viaggio in bici? Biking my world di Nino Scuderi ci dimostra di sì: da Padova a Capo Nord in compagnia della psoriasi, scopriremo che il viaggio rende tutto possibile.
Un viaggio dentro a Biking my world di Nino Scuderi
Di che cosa parla Biking my world di Nino Scuderi? La trama è piuttosto semplice: Nino racconta del viaggio che, nel 2018, ha compiuto da Padova fino a Capo Nord a bordo della sua bicicletta. Insieme a lei, che Nino chiama Morella, e insieme al pupazzetto Chikito, Nino si mette in marcia una mattina di giugno, con tanta speranza nel cuore ma consapevole che gli impedimenti saranno tanti. I chilometri scorrono, pedalata dopo pedalata, capitolo dopo capitolo. Nino è attrezzato con una tenda e ogni sera si sistema in un campeggio trovato lungo la strada; oppure si ferma da persone incontrate sul sito warmshowers, attraverso il quale si può richiedere e offrire ospitalità gratuita in cambio di una nuova amicizia. Nino racconta lo scorrere delle giornate, i piccoli imprevisti, gli incontri più belli e quelli più inaspettati; piano piano, le sue paure si diradano, si sente più sicuro di se stesso e inizia a godersi il viaggio nell’essenza del suo qui e ora: “il mio viaggio consisteva proprio nel viaggiare, nel vedere posti, nel passare luoghi, nel sentire il vento in faccia, il sole scottare, il sudore scendermi, il freddo farmi vibrare nelle giornate di pioggia”.
Così, Nino attraversa l’ultimo pezzo d’Italia, poi l’Austria, poi la Germania… solo una volta arrivato in Danimarca si rende conto che il suo sogno si sta realizzando davvero: “l’incredulità la fece da padrona, e solo il sapore delle lacrime di felicità sul mio viso, prontamente asciugate dal vento, riuscirono a comunicarmi che tutto era vero, che tutto si stava svolgendo sotto il mio sguardo, sotto le mie pedalate, come fosse il più bel sogno mai fatto. Fu lì, sul confine tra la Germania e la Danimarca, che, per la prima volta da quando ero partito, mi resi conto che ce la stavo davvero facendo”. Dopo la Danimarca c’è la Norvegia; quel Capo Nord, che sembrava solo un puntino lontanissimo sulla cartina, appare sempre più vicino. Così come appare vicino il Nino che Nino stesso ha sempre sognato: un uomo semplice, libero, felice, nel pieno di se stesso e del contatto con la natura più autentica. Dopo un’ultima giornata di pedalate e disperazione, Nino riuscirà finalmente a sfiorare la palla di Capo Nord: un minuscolo ma infinito momento di felicità pura.
Il viaggio della verità e della trasparenza
Ci piace leggere le storie di viaggio realmente accadute perché sono d’ispirazione, perché ci portano verso modi di vivere distanti ma vicini al nostro cuore. Ecco: quella di Nino Scuderi è davvero una storia d’ispirazione, il racconto di un viaggio che non risparmia niente, dalle conquiste alle fatiche; e che, proprio per questo, ci mette addosso la voglia di partire immediatamente.
A dir la verità, magari quella di Biking my world di Nino Scuderi non appare neanche una storia tanto originale, a prima vista: in quanti hanno provato a raggiungere Capo Nord in bicicletta? Tantissimi. Eppure, Nino racconta la sua storia in un modo che molto difficilmente si trova all’interno della letteratura di viaggio: con un’onestà, un’apertura e una trasparenza totalizzanti. Il lettore è tutto tranne che dispensato dai dettagli più piccoli, dalla descrizione del dolore e della fatica, dalle bizzarrie che toccano ogni essere umano, dalle conversazioni più particolari, dalle insicurezze e dal senso di sconfitta. Mi è piaciuta molto, questa trasparenza totale: a volte l’ho sentita quasi imbarazzante, perché non siamo abituati a percepire tutta questa verità tra le pagine di un libro. Ma poi mi ci sono abituata e ho iniziato a pensare che tutte le storie vere dovrebbero essere così: il lettore dovrebbe avere il diritto di entrarci dentro fino al più piccolo brandello di cruda realtà.
Convivere (e viaggiare in bici) con la psoriasi inversa
La cruda realtà riguarda soprattutto lei: Valerya. È così che Nino chiama la psoriasi inversa, malattia autoimmune che gli era stata diagnosticata non molti mesi prima. Una malattia crudele, irrisolvibile, che colpisce le parti più nascoste e delicate della pelle e che, a prima vista, rende del tutto impossibile un viaggio così lungo e complesso in bicicletta. Così la descrive Nino: “la malattia autoimmune appartiene solo a te, non è contagiosa, non è infettiva, è solamente tua. Ti comunica qualcosa che tu raramente riuscirai a comprendere. Se non tutto ha senso nella vita, ti convincerai che anche la tua malattia non lo avrà, al pari di tutto il resto. Solo un dubbio ti perseguiterà, peraltro senza domandarti il permesso, ma lasciandoti un amaro in bocca che ti accompagnerà per buona parte dell’avvenire: Perché proprio a me?”.
Biking my world di Nino Scuderi rappresenta, però, una speranza per chi vive in una condizione simile e non è ancora riuscito a distinguere se stesso da una diagnosi dal peso schiacciante. Dopo la prima fase di sconforto, in Nino è tornata la voglia di partire; forse, in Nino non si è mai spenta l’enorme passione per la bicicletta, così come la voglia di mettersi alla prova e di coronare un sogno anche contro il parere dei medici. Biking my world di Nino Scuderi rappresenta la vittoria del sogno e del coraggio su una sentenza irreversibile che, però, non deve necessariamente condizionare la vita di un malato: “le malattie si nutrono di negatività e, per questo, rinunciare ai propri sogni è già sbagliato in partenza. Quanta gente si sposa con una diagnosi per tutta la vita, riuscendo solo in parte a liberarsi dall’incombente presenza che la stessa malattia finisce per avere nella vita di chiunque. Che sia psoriasi o un altro tipo di malattia autoimmune, dal momento della diagnosi si pensa che non ci possa essere altro nella vita, ma è proprio questo l’errore più grande da non commettere. È quando tutto appare finito, che non puoi far altro che cercare un nuovo inizio”.
Biking my world di Nino Scuderi è l’unicità del viaggio in bici
“Sono tante le cose che Morella mi ha insegnato in questi primi quattro anni di vita assieme. In un’epoca frenetica, mi ha insegnato a godere della lentezza. A capire che tutto, passo dopo passo, può essere raggiunto anche al ritmo di un semplice respiro, o al ritmo dei pedali. Perché con la bici diventi un tutt’uno quando pedali. Sarà per quel girare ipnotico dei pedali, o per quel contatto costante col manubrio, che ti impedisce di lasciarla anche solo per un istante. Con lei diventi una sola cosa, dovunque sei: non sei nulla senza di lei, e lei non è nulla senza di te. Le parli, ci discuti, con lei maledici le salite, attraversi pioggia, vento e sole. Ti ripari sotto un porticato, aspettando che il diluvio passi. Anche da solo, con lei non pedali mai in solitaria. Hai una fedele compagna di viaggio ad assecondarti nelle tue decisioni, nei tuoi sbagli di direzione, nei tuoi cambiamenti d’umore”. Io non ho mai fatto un viaggio in bicicletta; la bici, in realtà, non è che sia proprio il mio mezzo di trasporto preferito. Eppure, in qualche modo riesco a percepire la forza e la verità delle parole con cui Nino descrive il rapporto con la sua Morella. Durante un viaggio lungo e profondo come quello da Padova a Capo Nord, devi fidarti e affidarti alle poche cose che hai, e alla bici ancora di più perché è lei che ti porta, che ti accompagna, che ti sostiene: da lei dipende il successo o l’insuccesso del viaggio stesso. Una delle cose che più ho preferito di Biking my world di Nino Scuderi, infatti, è proprio il rapporto così stretto che appare tra uomo e mezzo. È possibile affezionarsi e contare così tanto su una semplice bicicletta? Al cuore più duro la cosa potrà sembrare ridicola, eppure capita a tutti di affezionarsi a degli oggetti per la carica simbolica che portano nel nostro cuore e nei nostri ricordi. Per Nino, Morella rappresenta il coronamento di un sogno, di un sogno speciale che va oltre il mero raggiungimento di un punto sulla cartina geografica, ma corrisponde all’accettazione e al pieno riconoscimento di se stesso: “il desiderio celato non era tanto quello di raggiungere Capo Nord, ma una mia personale meta: la capacità di restare in equilibrio sulla mia vita, così come l’andare in bicicletta mi aveva insegnato. Fare in modo che non fosse la psoriasi a decidere quale strada prendere, ma che potessi decidere io quale obiettivo raggiungere”.
Mai come adesso sono convinto che assuefarsi a una diagnosi sia la cosa più sbagliata che una persona possa fare. Mai come adesso sono convinto che il solo modo per sconfiggere una malattia sia riprendere a sognare per un minuto, un’ora, un giorno, una settimana o, magari, tutta la vita. Perché ogni persona ha il suo Capo Nord da raggiungere, basta solo capire qual è. Scelta la data di partenza, non rimarrà altro da fare che godersi il viaggio.
Recensione di Agnese Sabatini