Copertina del libro "Diario di un maestro in Cina” di Claudio Piani
Copertina del libro "Diario di un maestro in Cina” di Claudio Piani

Ti sei mai chiesto cosa significhi abitare in Cina e immergersi nella sua più autentica quotidianità? Forse ti lasciano perplesso i luoghi comuni che esistono su questo Paese… beh, leggi la recensione di Diario di un maestro in Cina di Claudio Piani per scoprire come la Cina e i suoi abitanti siano molto, molto, molto di più che occhi a mandorla e riso alla cantonese!

“Quando arrivai qui, quattro anni fa, ero scettico riguardo a quello che avrei trovato; me ne andrò tra poco totalmente innamorato della sua cultura e della sua spiritualità”

Diario di un maestro in Cina di Claudio Piani: una quotidianità speciale

Claudio ha vissuto moltissimi mesi in viaggio: come racconta nei suoi precedenti libri, Vagabondiario e Una vita incredibile, ha viaggiato attraverso l’Asia tra mezzi pubblici, autostop e bicicletta, toccando una ventina di paesi diversi e vivendo esperienze uniche. Della Cina, però, si innamora senza riserve, finché decide di trasferirvisi e di vivere lì un anno intero, con l’obiettivo di mettere da parte qualche soldo e di vivere nuove esperienze. Diario di un maestro in Cina di Claudio Piani è il libro che, in modo semplice e coinvolgente, racconta queste esperienze dall’inizio alla fine: dall’arrivo a Shenzhen fino alla ripartenza verso l’Europa, un anno più tardi.

Claudio sceglie la Cina per diversi motivi: “la ragione principale è che me ne ero innamorato durante i miei viaggi! Adoravo i suoi panorami così variegati e la sua popolazione, apparentemente scontrosa, ma in realtà estremamente generosa e cordiale. Adoravo la costante sensazione di scoperta che questo Paese offriva. Soprattutto adoravo l’idea di poter vivere in una cultura non ancora del tutto occidentalizzata”. E questa cultura lo ripaga, in effetti, con una serie di indimenticabili esperienze che resteranno nel suo cuore per sempre; quando si vive in un Paese così lontano e diverso, anche le più piccole cose della quotidianità acquistano un valore speciale, e Claudio ce le racconta una dopo l’altra con entusiasmo e senso di meraviglia.

“Sicuramente vi starete chiedendo com’è che mi trovi a insegnare educazione motoria in una scuola elementare cinese. Sinceramente quel lunedì mattina, tra spaghetti fritti e nomi cinesi impronunciabili, me lo ero chiesto anche io”. Eh, sì: Diario di un maestro in Cina racconta proprio l’esperienza di Claudio Piani come insegnante di educazione fisica e pallacanestro in una scuola elementare di un quartiere popolare di Shenzhen, moderna e caotica città cinese. Claudio si affida a un’agenzia specializzata, che gli procura il lavoro oltre a un bel gruppo di amici che vengono un po’ da tutto il mondo occidentale e che, nel corso di quell’anno, fungeranno per lui da seconda famiglia.

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Una famiglia speciale, che regala un amore universale

Ma un’altra, importantissima famiglia per Claudio è quella costituita dai ragazzini della scuola che allena ogni singolo giorno dell’anno scolastico. Lo chiamano YdalíMien Laoshi, cioè Maestro Spaghetto, perché gli spaghetti sono l’unica cosa che conoscono dell’Italia; e anche se la comunicazione verbale è estremamente difficoltosa, coi gesti e coi sorrisi Claudio e i bambini riescono sempre a stare nella stessa squadra. In loro, Claudio osserva una caratteristica che ritrova in tutto il popolo cinese in generale: “tutto funziona quando devono eseguire un ordine o una precisa successione di movimenti sequenziali, ma funziona meno quando devono trovare loro una risposta efficace a un problema”. Nonostante tutto, dai racconti di Diario di un maestro in Cina di Claudio Piani ci si rende ben presto conto di una cosa: sono bambini diversi da quelli occidentali sotto moltissimi aspetti, eppure universali nella loro voglia di sorridere, divertirsi ed essere amati e rispettati.

 

L’amore per la Cina che sconfigge ogni stereotipo

Oltre all’impegno con la scuola e la squadra, la vita di Claudio Piani in Cina prosegue tra lavori collaterali svolti nel weekend, giornate in compagnia degli amici “occidentali”, e la scoperta di una nuova quotidianità. Girando per le strade del quartiere, Claudio inizia ben presto a riconoscere volti e negozi, a essere salutato e a ricambiare il saluto. Così come molti cinesi scelgono un nome occidentale per farsi riconoscere meglio, Claudio sceglie per sé un nome cinese: Da Shan, Grande Montagna, per la sua altezza così fuori dal normale in un Paese come la Cina. In realtà, qui tutto di lui è fuori dal normale: la barba, i capelli, gli occhi chiari, il colore della pelle… persino la sua scarsa capacità nel calcio lo rendono comunque degno di nota, tanto che le persone lo acclamano come se fosse il Cristiano Ronaldo del quartiere.

In Diario di un maestro in Cina, Claudio Piani si dice deluso dai comportamenti di alcuni occidentali che, pur scegliendo di vivere in questo Paese per diversi mesi o anni, non si sforzano neanche di imparare qualche parola in cinese o di comprendere un po’ meglio questa cultura millenaria e speciale. Per Claudio, è tutto il contrario: cerca il contatto con i locali, riconosce i contrasti e le differenze, ma le rispetta e ne resta ogni giorno entusiasta. Si meraviglia dell’enorme senso di comunità e collettività cinese, ma altrettanto di quelle cose che pensava fossero in un modo e che, invece, la sua quotidianità ha dimostrato essere il contrario. Nonostante anche lui all’inizio avesse certi stereotipi in mente, dopo un anno in Cina Claudio Piani si rende conto che non c’è un giusto o uno sbagliato: magari a noi sconvolge che i cinesi ruttino liberamente, ma a loro sconvolge altrettanto che ci soffiamo il naso in pubblico. Di fronte a contrasti come questo, Claudio dice: “chi ha ragione? Nessuno! Siamo semplicemente diversi, com’è giusto che lo siano le persone di due Paesi così lontani sia geograficamente che culturalmente. Credo che valga comunque la pena di capirsi, accettarsi e rispettarsi”.


Recensione di Agnese Sabatini

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