Copertina del libro
Copertina del libro "Due bambine in Karakorum. Crescere viaggiando” di Renata Farina

Estate 2000. Marta ed Elena, due sorelline di 5 e 7 anni, sul retro di una jeep, in cammino o a cavallo, trascorrono due mesi tra le montagne del Pakistan. I loro genitori, Luca e Renata, le portano infatti alla scoperta delle vette più alte del pianeta, in un mondo letteralmente diverso rispetto a quello a cui sono abituate. “Due bambine in Karakorum. Crescere viaggiando”, scritto da Renata Farina, è il diario di viaggio di questa esperienza.

“Abbiamo accumulato un patrimonio di esperienze, tanto individuali che come nucleo familiare, che fanno parte della nostra essenza più intima e hanno creato legami molto forti e durevoli.”

“Due bambine in Karakorum. Crescere viaggiando” di Renata Farina: più che un viaggio un’esperienza di vita e di crescita

Marta e Elena (soprannominata Ennola), nell’estate 2000, insieme ai loro genitori, trascorrono due mesi tra le montagne del Pakistan. Replicano poi l’avventura anche l’estate successiva. Per due anni consecutivi, viaggiano quindi per mesi tra le montagne del Karakorum, tra ambienti severi e spazi essenziali. Già da questi primi elementi, potrai ben capire che “Due bambine in Karakorum. Crescere viaggiando” è un libro avvincente che racconta un’esperienza di vita e di crescita unica, sorprendente ed entusiasmante. I suoi protagonisti sono una famiglia, per così dire, sui generis. Luca e Renata, i due genitori, viaggiano spinti dalla voglia di conoscere il mondo, e coinvolgono in questa avventura anche le loro bambine, che così crescono viaggiando. Il papà stesso afferma “eravamo in 4 e le cose si facevano in 4”.

Seppur sempre presenti, i genitori lasciano sempre le loro bambine libere. Le osservano mentre si approcciano a queste terre incontaminate, mentre inventano giochi sulle strade polverose o cercano un contatto con i locali. Le fanno vivere il più possibile nella natura facendo sperimentare loro il gelo e il caldo, la fatica e il fascino delle montagne. In pratica, rendono la loro infanzia libera e felice. Le educano alla bellezza e alla diversità, certi che questa esperienza lascerà un profondo segno in loro.

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“Due bambine in Karakorum. Crescere viaggiando”: paesaggi, incontri, emozioni ed avventure al limite dell’estremo pericolo

Renata Farina scrive di un viaggio indimenticabile al limite del possibile. La nazione in cui ci conduce è il Pakistan, una terra incastonata tra il mare e le alte vette di cui molti sanno ben poco. Nel libro, Renata fa un dettagliato resoconto dei momenti più salienti e significativi, permettendoci di vivere l’avventura compiuta da lei e la sua famiglia. Nella sua immensa bellezza, la natura è grandiosa, ma al tempo stesso sorda all’esistenza umana per la sua terribilità. Tra fiumi, montagne e ghiacciai, non mancano incontri con le popolazioni del luogo: pastori con facce solide, montane, pietrose… facce selvatiche ma non chiuse, non ostili, incredibilmente in pace. Non tutto però è così bucolico. Non mancheranno infatti incontri/scontri con taglieggiatori e momenti di vera e propria suspense, con passaggi su strade paurosamente strette che si affacciano su baratri profondi, dove basterebbe una minima imprecisione con la jeep per generare una immane tragedia. Nonostante tutto ciò, Luca, Renata e le loro piccole si godono la felicità di questa vita libera. Sono infatti proprio questi episodi che fanno dire a Marta “volevo fare un viaggio da vero pakistano”.

L’emozionante racconto è documentato da fotografie che accompagnano, passo per passo, tutto il racconto.

“Due bambine in Karakorum. Crescere viaggiando”: incoscienza o crescita e ricchezza interiore?

Sicuramente, molti si potranno domandare se Luca e Renata non si sono comportati in maniera troppo scriteriata mettendo più volte a serio rischio l’incolumità e la vita stessa di loro medesimi, ma soprattutto, quella di Marta ed Ennola.

Quel che emerge dalla lettura, è la costante felicità delle due bambine. Il termine che maggiormente ricorre è il verbo «giocare». Marta ed Ennola viaggiano quasi sempre sul cassone aperto della jeep, da dove ammirano il paesaggio e dove hanno la libertà di chiacchierare tra loro di continuo, nei fantastici mondi dei loro giochi e della loro immaginazione. Forti di quella ingenua spontaneità che è propria dei più piccoli, “le bambine giocano senza sosta, con ogni tempo e in ogni luogoNon c’è sosta anche breve in cui non trovino, immediatamente, il nuovo gioco e le sue possibilità: il fiume con i canali, massi per fare case, cespugli per fare la giungla e liane volanti”.

Affrontano ogni passaggio con naturalezza e agilità: “sembrano camosci, sicure e precise in terreni accidentati, su tracce che nessuna delle donne che conosco oserebbe percorrere”.

A confermare che questo viaggio in Pakistan sia stata un’esperienza costruttiva, ce lo dicono nelle ultime pagine proprio loro, Marta ed Elena, due ragazze adulte che rammentano questo scorcio della loro infanzia, libera e felice, come qualcosa che le ha rese le donne forti e capaci di oggi.

Marta afferma: “sono cresciuta così, con la fortuna di avere due genitori che mi hanno portata in giro per il mondo e l’hanno fatto trattandomi come una pari… Visti da fuori potevano sembrare genitori incoscienti . A me sembrava la cosa più naturale del mondo – e in quella parte del mondo lo era”. Altrettanto positive le riflessioni finali di Elena: “I viaggi per noi non erano una fatica, erano il nostro modo di vivere e per noi quella vita era normale. Sono contenta di avere fatto questi viaggi da piccola, perché ero libera da pensieri. Allora non avevo distrazioni, ricordi o altri interessi”.

Recensione di Federica Ermete

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