Copertina del libro
Copertina del libro "È Oriente” di Paolo Rumiz

È ancora una volta il giornalista triestino a riportarci con la mente ad Est, tra strade, Paesi e città dai nomi impronunciabili. È Oriente di Paolo Rumiz è la raccolta di sei viaggi on the road dal ritmo lento nel cuore dell’Europa centro orientale alla ricerca di un’anima levantina che rischia di scomparire sotto al peso della globalizzazione.

“Mi chiedo se la forza del racconto non nasca nell’uomo da millenni di cammino, se il narrare non nasca dall’andare. E se il nostro mondo abbia disimparato a raccontare semplicemente perché non viaggia più.”

L’Oriente alle porte di casa

Paolo Rumiz è un grande amante e conoscitore dei Balcani e delle terre dell’Est Europa. I suoi reportage e i suoi libri accompagnano spesso il lettore alla scoperta di luoghi e regioni che da tempo sembrano essere scomparsi dalle cartine geografiche. Lo fa anche con È Oriente.

Anche questa volta il giornalista, infatti, lascia la sua città, Trieste, per raccontarci un mondo che, a pochi passi da casa, ci appare lontano, diverso, a volte incomprensibile, un mondo, però, che sta cambiando sempre più in fretta, fagocitato dal desiderio di “Occidente”.

In questo libro Rumiz passa il confine, torna nei territori del grande impero asburgico, si spinge in Slovenia, in Austria e in Ungheria, arriva fino in Ucraina e poi a Istanbul. Questa volta, però, aggiunge anche una serie di interessantissime tappe tutte italiane: dalle montagne del Veneto, del Friuli e dell’Alto Adige alle periferie dell’estremo Nord – Est, dalla costa romagnola fino giù al Salento.

Rumiz, questa volta, va alla ricerca di un Oriente che inizia alle porte di casa: nelle periferie dove la lingua araba è sempre più diffusa e in quei Paesi nati dopo la caduta del Muro. Il giornalista triestino cerca di far luce su quelle zone d’ombra troppo spesso relegate nella parola “Est” da politici e preconcetti.

È in queste zone che Rumiz cerca, di nuovo, l’Oriente.

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Racconti di viaggio on the road

Rumiz raccoglie in questo volume i racconti di ben sei viaggi on the road che compie tra gli anni Novanta e i Duemila. Si tratta di viaggi di lavoro e di “uscite di piacere”.

Ciò che accomuna tutti i racconti è il loro ritmo lento e il desiderio di sottolineare come in quei viaggi l’andare è contato tanto quanto lo stare.

Nel reportage “Dove andiamo stando?” lo scrittore triestino parte in bicicletta insieme al figlio, a quell’epoca quindicenne, per raggiungere Vienna. Il viaggio in questo caso è occasione di conoscenza, di sé stessi e dell’altro, è un viaggio a misura d’uomo per riscoprire il piacere dell’andare che è ben diverso dallo spostarsi.

Poi c’è “L’uomo davanti a me è un ruteno”, il racconto di un viaggio fino a Kiev in treno in cui i convogli che Rumiz usa per muoversi diventano motivo di riflessione sulla storia di un Est Europa sempre più lontano e irraggiungibile.

Sempre in treno è il viaggio da Berlino a Istanbul raccontato in “Chiamiamolo Oriente”. La lunga strada ferrata conduce l’autore attraverso i Paesi che da poco si sono liberati dal comunismo, ma i cui segni sono ancora ben lungi dallo scomparire. Da Berlino alla Romania c’è fretta di fare e costruire, c’è fame di nuove identità e di memoria: gli idoli cambiano, il denaro diventa padrone e la malavita prospera. È arrivando Istanbul, però, che Rumiz scopre una città sempre più lontana dall’Europa, in cui l’Oriente si sta trasformando in Est portando con sé accezioni di chiusure, muri e reticolati. Una nuova cortina che si sta alzando.

C’è poi “Ljubo è un battelliere”, un bellissimo tanto quanto toccante viaggio lungo il Danubio tra acque malate e tradizioni che non vogliono scomparire.

Infine ci sono “Capolinea Bisanzo” e “Il frico e la jota”, due viaggi in Italia: il primo in auto e il secondo in bicicletta. Capolinea Bisanzio racconta l’Adriatico e la sua importanza finita nell’oblio in favore di un altro mare, il Tirreno. Il viaggio in auto di Rumiz fino al Salento parla del tramonto di Venezia, della Serenissima e di un Oriente abbandonato e dimenticato. Il frico e la jota, invece, è una dura denuncia dell’abbandono delle montagne in favore di una sempre più veloce industrializzazione della pianura. Un viaggio in salita, quello dell’autore, a metafora di un sentiero che vuole percorrere al contrario per ritrovare ciò che una volta perso, sarà impossibile riavere indietro.

Un viaggio lento per ritrovare il ritmo dell’Est

È Oriente è un invito al viaggio lento e al ritorno a una vita autentica. Questa raccolta di racconti è l’espressione del timore dell’autore di vedere il “suo” Oriente scomparire fagocitato da un’Europa consumista e consumatrice. Questo libro è un inno alle tradizioni, alle fascinazioni, ai suoni e ai profumi di terre vicine che dovremmo conoscere così come sono e come sono state.

È Oriente è un viaggio alla scoperta di Paesi, località e periferie alle porte di casa che non dovrebbero essere rilegate alla semplice parola Est.

Recensione di Selene Scinicariello.

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