Copertina del libro
Copertina del libro "Io cammino da sola” di Alessandra Beltrame

Io cammino da sola di Alessandra Beltrame è un elogio del camminare, un elogio della solitudine ma è anche, e soprattutto, un elogio del ritrovarsi: il viaggio come ricerca di sé non sta nella meta da raggiungere, ma nella strada da percorrere.

“Puoi camminare per giorni, per mesi, per sempre e non cambiare mai. Per camminare e insieme crescere, curarti, guarire, imparare, devi entrare con la mente nei tuoi passi, devi metterci i pensieri. Camminare con la testa. Pensare con i piedi. Camminare allora diventa un esercizio intellettuale, e il viaggio a piedi un’esperienza di formazione, una pratica che applichi alla difficile materia del vivere.”

IL CAMMINO, UNA TERAPIA CONTRO L’INFELICITÀ

Non è detto che valga per tutti, ma per Alessandra Beltrame sì!

Nel Preludio di Io cammino da sola (Tre incipit per una solitudine) l’autrice esordisce dichiarando “mi sono licenziata dal posto fisso. Ho abbandonato la scrivania e la vita sedentaria perché ero infelice”. Un gesto che alla maggior parte della gente può apparire folle, mentre io lo definirei una presa di coscienza più che un colpo di testa.

A cinquant’anni suonati Alessandra, giornalista per un importante gruppo editoriale con sede a Milano, un ottimo stipendio e una vita stabile, ben delineata, realizza di non essere felice. Glielo dice il suo corpo che si riempie di bolle, un eritema curabile grazie a dei semplici farmaci che però a nulla le valgono contro l’infelicità. Così Alessandra decide di licenziarsi e inizia a camminare in cerca di una strada, silenziosa e solitaria, che la conduca alla profondità dell’io.

Il suo cammino è da intendersi non come medicina, ma come terapia: un atto liberatorio che la spinge verso la compiutezza interiore necessaria a spianare la strada al cambiamento (che poi, detto inter nos, rappresenta il fine ultimo di qualunque viaggio).

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LA SOLITUDINE, UNO STATO DELL’ANIMA

Nel secondo incipit del Preludio di Io cammino da sola, Alessandra Beltrame attacca con un’altra frase secca, decisa, un po’ brutale forse.

“Non sei mai stata tanto sola come lo sei ora”.

Si rivolge a se stessa e a tutti i solitari, coloro che si sentono soli anche quando sono circondati di gente, afflitti da quella solitudine creativa che li spinge a sfidare i propri limiti.

Perché la solitudine non è una condizione fisica ma uno stato dell’anima, un sentimento conflittuale del quale è impossibile liberarsi e con cui, semplicemente, si può imparare a convivere. Il cammino, come gesto lento, meditato e consapevole, aiuta in questo.

CAMMINARE LUNGO LE ANTICHE VIE

Il giorno in cui inizia a camminare, Alessandra scopre che la vita non è fatta di riti e di noiose abitudini ma di tempo e spazio, coordinate che troppo spesso sottovalutiamo e che il cammino, nella ripetizione ipnotica dei passi, ci insegna a recuperare.

Lei sceglie di percorrere le Antiche Vie, quelle in grado di resuscitare mondi arcaici, e dopo i primi cammini compiuti in gruppo decide di affrontare la solitudine senza sconti, prendendola di petto. Noi lettori le stiamo accanto silenziosi quando, in pieno inverno, esce da Udine e intraprende il suo cammino lungo la via Francigena e sempre in silenzio la accompagniamo nel tragitto tra il prima e il dopo, tra la vita che lascia e la vita che trova.

Un cammino non è fatto per dimenticare e non è fatto nemmeno per scappare, tutt’altro: se lasci qualcosa in sospeso, te lo restituisce con gli interessi. In questa dimensione il paesaggio diventa la cornice di un viaggio interiore in cui la ripetitività dei passi sollecita la memoria e intona un mantra di ricordi, desideri, sogni, affetti e amori che rimandano a livelli superiori di conoscenza e di percezione.

Giorno dopo giorno, un passo dietro l’altro, la paura di non farcela si trasforma nella capacità di testare i propri limiti e tutto ritrova la sua collocazione: i pensieri si fanno luminosi, gli incontri, umani o animali che siano, hanno sempre qualcosa da offrire e la meta cessa di essere il fine e diventa il mezzo per vivere il “durante”, il “qui e ora”, essenziale a qualsiasi cambiamento e trasformazione.

Il viaggio di Alessandra finisce, ma lei continua a camminare da sola.

Sarà che faccio parte del gruppo di solitari e quindi, in qualche modo, mi sono sentita chiamata in causa dal suo narrare; sarà che ho scelto anch’io il mestiere di scrivere e una bella penna la riconosco da lontano, ma Io cammino da sola è un libro denso, e al contempo scorrevole, in cui ognuno di noi può trovare qualcosa di sé.

Recensione di Diana Facile

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