Copertina del libro "Le vene aperte dell'America Latina" di Eduardo Galeano e G. Lapasini
Copertina del libro "Le vene aperte dell'America Latina" di Eduardo Galeano e G. Lapasini

Eduardo Galeano è stato tra i più importanti giornalisti e scrittori sudamericani, un profondo conoscitore e appassionato del suo continente, della sua storia, del suo sfruttamento, delle sue guerre e soprattutto della sua gente.

Eduardo Galeano ha scritto il libro sull’America Latina che tutti gli amanti della storia, ma anche dei viaggi consapevoli, dovrebbero leggere. Io ho letto “Le vene aperte dell’America Latina” proprio dopo aver deciso di partire per un viaggio alla scoperta di Perù, Bolivia e Cile. Avere la pretesa di conoscere a fondo la storia di questo sub-continente è un’utopia, ma attraverso la lettura di questo libro ho avuto l’opportunità di farmi un’idea di quelle che sono state le vicende di queste terre e dei suoi popoli negli ultimi cinque secoli.

Eduardo Galeano è nato in Uruguay nel 1940 e si trova ad dover scappare dal suo paese quando nel 1973 avvenne un colpo di stato militare. Da lì il giornalista si spostò in Argentina dalla quale, nel 1976, per lo stesso motivo fuggì in esilio in Spagna. Eduardo Galeano rientrò in patria solamente nel 1985 dopo che la dittatura militare in Uruguay venne sconfitta. Prima ancora di tutto questo però Eduardo scrisse “Le vene aperte dell’America Latina” in tre mesi: nelle ultime novanta notti del 1970. L’Uruguay viveva già periodi duri, navi e aerei partivano carichi di giovani alla ricerca di un futuro migliore lontano.

L’amore per il continente sudamericano, la solidarietà verso i suoi popoli, la passione politica che fin da giovane lo ha contraddistinto, la capacità di raccontare storie umane, di dare voce ai reietti, la lotta per la difesa dei diritti umani, ha dato vita a questo lungo reportage che ci vuole condurre alle ragioni e alle origini della povertà e della sottomissione dell’America Latina. L’impatto sulla cultura e sulla letteratura sudamericana è stato così forte che nel 2009 l’ex presidente del Venezuela Hugo Chávez ha regalato una copia de “Le vene aperte dell’America Latina” all’allora presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama.

Le vene aperte dell'America Latina di Eduardo Galeano

“L’America Latina è una regione del mondo condannata all’umiliazione e alla povertà? Da chi è condannata? La colpa è di Dio, della natura? Del clima insopportabile? Dalle religioni, dai costumi? La disgrazia non potrebbe essere il prodotto di una storia fatta dagli uomini e che dagli uomini può perciò essere disfatta?”

Le vene aperte dell’America Latina: storia di saccheggio e sfruttamento

Vi avviso subito: leggere questo libro sulla storia dell’America Latina non è una passeggiata. Diciamo che non è il classico libro da portare sotto l’ombrellone. Potrebbe benissimo essere, o forse lo è, un libro da studiare per un esame all’università.

Si tratta infatti di un reportage pieno zeppo di date, di guerre, di nomi, di dettagli, che meritano molta attenzione per poter essere compresi a pieno. Quello che vi posso assicurare è che vale lo sforzo. Non sono certo un’esperta di storia dell’America Latina dopo la lettura di questo libro, talmente tante sono le informazioni che si dovrebbero interiorizzare, ma sicuramente questo volume mi ha aperto gli occhi. Attraverso questa lettura ho scoperto cose nuove e avuto modo di approfondire ed entrare più nel dettaglio di vicende che avevo solo sentito dire.

Eduardo Galeano ci porta per mano in questo lungo viaggio a partire dal colonialismo spagnolo, cioè dal momento in cui per noi europei questo grande continente è iniziato ad esistere. Esattamente di cosa parliamo quando parliamo di colonialismo e saccheggi? Oro, argento, cacao, cotone, petrolio, gomma, rame, ferro: come sono riusciti gli spagnoli a conquistare tutto e prosciugare un intero continente? Emblematico è il caso di Potosí in Bolivia, diventata poi anche una tappa del mio viaggio in America Latina.

Potosí è la città più alta del mondo con i suoi 4090 metri di altitudine, le cui miniere sono state sfruttate fino all’esaurimento per donare ricchezza e fama alla Spagna. Si calcola che negli anni di maggiore attività le miniere di Potosí abbiano ucciso circa 8 milioni di indigeni e schiavi africani. Questa città che quasi nessuno oggi conosce, era all’epoca talmente ricca e famosa da diventare un modo di dire ancora oggi in uso nella lingua spagnola: “val bene un Potosí”. Pensate che nel periodo di maggior splendore divenne una metropoli a tutti gli effetti, più grande di Londra o di Parigi.

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Un libro per conoscere a fondo l’America Latina

Cosa rimane oggi di tutto questo? Una cholita del luogo – le signore in abiti tradizionali dalle lunghe trecce – descrive così Potosí nel libro: “La città che più ha dato al mondo e che meno possiede”. Sì, perché tutta la ricchezza, della quale comunque non beneficiavano gli indigeni, se n’è andata insieme agli spagnoli ed oggi rimane una miniera logora dove le persone lavorano in condizioni similari a quelle di 500 anni fa. Questa è soltanto una delle storie più emblematiche che vengono raccontante all’interno del libro, forse quella che più mi ha colpito. Una realtà che dopo qualche mese dalla lettura ho potuto vedere con i miei occhi.

Ma Galeano non si sofferma solo sulle sofferenze inflitte dagli spagnoli, lo scrittore prosegue nei secoli concentrandosi anche sul rapporto con gli Stati Uniti e sugli sfruttamenti perpetrati negli anni, in più stati, dalla super potenza e da organismi come il FMI o la Banca Mondiale. Con questo racconto Eduardo Galeano ci vuole comunicare i nomi dei responsabili, che il sud del mondo non si trova in certe condizioni a causa di un ineluttabile destino; i colpevoli hanno nomi e cognomi ben precisi. L’analisi dello scrittore sudamericano non lascia spazio a sfumature o ad altre interpretazioni. Per tanti anni questo libro è stato visto come il compendio di storia dell’America Latina per eccellenza, quasi un testo sacro.

Per amore di sincerità è bene però far presente come nel 2014 l’autore stesso abbia criticato il suo scritto con queste parole: ”Non mi pento di averlo scritto ma è certo che quando l’ho scritto non avevo una preparazione economica sufficiente. Ed è ancor più certo che il suo linguaggio, quello d’una sinistra sempre uguale a sé stessa, è ormai d’una insostenibile pesantezza…”. Solo dopo aver letto questo libro, che rimane comunque una pietra miliare dei saggi storici e della storia dell’America Latina, vi potrete fare una vostra opinione personale. Io credo che aldilà dei giudizi netti dell’autore, questo volume sia un ottimo punto di partenza per farsi un’idea del percorso storico, politico ed economico di questo continente.

Recensione di: Sara Ciolini.

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