Uscire fuori, sì. Questa è l’azione scatenante che ha portato Chris McCandless a vivere una delle storie più famose al mondo.
Fuori dagli schemi della ricca famiglia americana che ti programma il futuro, imponendoti la sua versione di una vita “socialmente accettabile” che al massimo ti garantisce un’esistenza di “quieta disperazione”. Fuori da una società capitalistica dove l’unica religione immune agli atei è quella del dio denaro. Fuori da legami familiari, o meno, con chi non ti lascia libero di diventare chiunque tu voglia. E fuori anche da quella casa lussuosa che verrà sostituita ben presto da un tetto di stelle.
È così che, subito dopo la laurea, Chris McCandless decide di abbandonare gli agi di una famiglia e una società borghese in cui si è sempre sentito schiacciato, per partire alla volta dell’ Alaska , dove arriverà dopo un’erranza di due anni tra America e Messico .
Una partenza che rappresenta un momento fortemente simbolico, dove la rinuncia sancisce nettamente il passaggio ad una nuova identità: quella di un ragazzo mosso da una volontà, urgente e ribelle, di rifiutare la civiltà per tornare a immergersi in quella natura incontaminata nella quale intravede una vita autentica .
E grazie alle parole di Krakauer possiamo quasi vederlo, mentre si libera dei suoi averi, mettendo dentro allo zaino lo stretto e indispensabile e donando in beneficenza tutti i suoi risparmi.
La storia che ha ispirato il film “Into the Wild”
È proprio alla penna del giornalista Jon Krakauer che va il merito di aver raccontato una storia che, in realtà, è riuscita a toccare moltissime persone grazie alla trasposizione cinematografica che Sean Penn ne fece nel 2007, dal titolo Into the Wild.
Se, infatti, da un lato Sean Penn ci regala una narrazione di incredibile carica emotiva, senza impantanarsi in sterili sentimentalismi, Krakauer parte da una lucida indagine capace di restituirci tutti gli spostamenti, fisici e interiori, di Chris.
Un’accurata ricostruzione durata tre anni e resa possibile dalla collaborazione con i genitori del giovane viaggiatore.
Quella di Krakauer , però, è un’analisi che travalica la mera inchiesta giornalistica per far spazio a uno sguardo che abbraccia lo spirito critico della sociologia, l’osservazione obiettiva dell’antropologia e la profondità della filosofia.
Per comprendere il personaggio di Chris McCandless , infatti, non si può adottare il pregiudizio stereotipato di chi lo vede come un narcisista imprudente o patteggiare per chi lo idolatra come un eroe dal cuore impavido.
Krakauer sa che dietro c’è molto di più e ce lo mostra in maniera obiettiva, regalandoci le storie di altre giovinezze pervase dalle stesse segrete vibrazioni che mossero Chris.
Vibrazioni che nascono da un rapporto con la natura che richiede di essere indagato andando oltre lo schermo di uno smartphone che immortala un leone nella savana. La natura della quale ci parla Krakauer , infatti, è quell’“altrove”, simbolico ed esperienziale, che il viaggiatore costruisce camminando secondo itinerari anarchici che deviano dalla traiettoria del turismo, e riscoprendo la proprio corporeità quale strumento migliore per confrontarsi coi luoghi.
Ѐ quanto accade in quelle esperienze di esplorazione estrema che i ragazzi americani cercano intorno all’età dell’adolescenza.
Partendo dalle tanto dibattute vicende della storia di Chris MCcandless , Krakauer allora s’interroga sul perché tanti giovani americani siano così attratti dal rischio e dalla natura estrema .
Alla luce della triste storia di Chris, e di altre testimonianze raccolte, il giornalista conclude che quello che molti ragazzi desiderano e ricercano è la pura esperienza del limite, che sperimentano attraverso l’immersione ‘nuda ’ nella Wilderness : un corpo a corpo con la natura che richiede ad ogni passo di misurarsi con le proprie capacità, e di instaurare un dialogo con il paesaggio.
È così che gli imponenti ghiacciai, le rapide di un fiume o le superbe vette di una montagna smettono di essere semplicemente “altrove” per assumere piuttosto l’identità di un “altro” da me col quale confrontarsi.
Si tratta di una sfida affrontata quasi sempre in solitaria; un’impresa che Krakauer assimila a quei riti di passaggio atti a sancire la transizione dall’età infantile a quella adulta.
La società americana è costellata, infatti, di svariate storie il cui protagonista si lancia alla volta di un’ esplorazione solitaria dello spazio selvaggio alla stessa maniera di quegli aborigeni che si affacciavano alla pubertà abbandonando la comunità ed inoltrandosi da soli nell’ignoto della foresta, per poi essere socialmente re-integrati come adulti.
Viaggiare a piedi, camminando nella natura selvaggia , equivale quindi a scoprire la propria identità, e a forgiare il proprio carattere attraversando lo spazio.
Non a caso il tema del movimento nello spazio, come strumento di formazione, è una caratteristica tipica della letteratura americana , che per questo si distingue da quella dei romanzi europei del XIX secolo.
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Nelle terre estreme alla ricerca del proprio posto nel mondo
Raggiungere la meta, però, non basterà a regalare a Chris un felice epilogo.
Proprio quella Wilderness tanto ricercata sarà infatti lo sfondo degli ultimi giorni di vita di questo esploratore border line che morirà sopraffatto da quella natura primitiva che non riuscì ad addomesticare.
Quello che però il libro Nelle Terre estreme ci lascia è l’immortale inno alla vita e alla libertà che Chris McCandless sbatte in faccia, con irriverenza e contagioso entusiasmo, alle persone che incontra lungo il viaggio.
Ne è un esempio la sua dichiarazione di indipendenza:
Sarà per questo forte carisma che, come si evince dalle sue pagine di diario, alternate alle parole di Krakauer , le persone che ebbero la fortuna di incontrare Chris ne rimasero profondamente affascinate e inevitabilmente trasformate nel profondo.
Di pagina in pagina, il libro di Krakauer ci concede l’onore di compiere insieme a Chris quel viaggio incredibile che forse non avremo mai il coraggio di compiere nella vita reale. Ci regala la grande occasione di raggiungere la nostra Alaska , di rivedere le nostre priorità e i nostri ideali.
Un’impresa che Chris affrontò ricalcando lo spirito delle azioni di quel Thoreau con il quale condivideva l’urgenza di “succhiare tutto il midollo della vita, per sbaragliare ciò che non era vita e non scoprire in punto di morte di non aver vissuto”.
Per tutto questo, ogni volta che ripenso al libro Nelle terre estreme mi sento di dire grazie a Krakauer , per avermi raccontato una storia che ha avuto il potere di rivoluzionare quell’immaginario culturale dove, dopo Chris, la natura è tornata ad essere spietatamente bella, indomabile e ogni viaggiatore ha capito che non si entra in un’ avventura senza prima uscire fuori dalle certezze.
Recensione di: Gabriella Ferracane.