Copertina del libro
Copertina del libro "New York è una finestra senza tende" di Paolo Cognetti

La recensione di New York è una finestra senza tende di Paolo Cognetti è solo un assaggio dei luoghi in cui questo libro ti può portare: tra le strade simmetriche ma disordinate, tra i volti e i misteri di una delle città più belle, complesse e indimenticabili del mondo.

A New York c’è abbastanza materiale per inventarsele, le radici, o prenderle in presto da qualcun altro.

A spasso per la Grande Mela con New York è una finestra senza tende di Paolo Cognetti

Che tu sia già stato a New York o che invece tu la stia ancora solo sognando, sono sicura che questo libro ti porterà alla scoperta di quelle atmosfere newyorchesi che fanno sognare. Sognerai tempi andati e che mai più torneranno, sognerai contrasti e contesti caleidoscopici, sognerai persone di tutti i tipi che vivono in case e in strade di tutti i tipi. New York è una finestra senza tende di Paolo Cognetti è un saggio su una delle città più incredibili del mondo, frutto dei diversi viaggi che lo scrittore ha effettuato nella Grande Mela nel corso di alcuni anni, per piacere e per lavoro.

Il libro è diviso in capitoli, ognuno dei quali racconta vibrazioni e particolarità di quartieri diversi, tra Manhattan e Brooklyn: da Midtown a Williamsburg, da Brooklyn Heights al Lower East Side e oltre. E, come tutti i viaggi a New York iniziano, anche questo parte proprio da lì: “dal primo fotogramma. La prima guglia sparata in cielo, il primo marciapiede gremito, il colore della pelle del primo incontro. Il primo odore inatteso, che per qualcuno è di oceano, o di carne arrostita, o di zucchero a velo, o di ruggine e foglie marce”.
Di New York è una finestra senza tende, Paolo Cognetti dice che gli ha fatto bene scriverlo, perché l’ha aiutato a dare un senso più profondo al suo rapporto con la città; a te farà bene leggerlo se ami New York e se vuoi scoprirla nei suoi lati meno patinati e più autentici. Proprio come se fosse una finestra priva di tende, il libro ti porterà a conoscere strade mai calpestate, cortili nascosti, volti di persone le cui rughe sono come una mappa della città.

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New York è una finestra senza tende di Paolo Cognetti: la sensazione di trovarsi dove siamo già stati


E non è certo difficile riconoscere la mappa di New York: secondo il piano regolatore del 1811, l’isola di Manhattan è costituita da una griglia di strade che si intersecano in modo perfettamente perpendicolare, avenues e streets numerate e inconfondibili anche al turista che arriva a New York per la prima volta. Ma d’altronde, anche quel turista avrà la sensazione di “esserci già stato”, perché New York esisteva già nella mente di tutti noi. New York è la citta dell’immaginazione, quell’altrove fantastico in cui tutti noi siamo entrati almeno una volta leggendo un libro, guardando un film o una serie TV: “fermarsi al semaforo e approfittarne per guardare in su, o attraversare l’incrocio e voltarsi verso un punto lontano chilometri nel saliscendi del viale, o lasciarsi trasportare dalla corrente umana lungo i marciapiedi, sembravano cose già fatte molto tempo prima. Cose che stavano in quella zona della memoria dove vanno a finire i ricordi dell’infanzia, o in un posto molto vicino. Mi sentivo come uno che ritorna, ritrova, riconosce: eppure io a New York non c’ero mai stato”.

New York resta sempre una città impossibile da definire


E una volta che si arriva a New York, bastano pochissimi minuti (o pochissime fermate di metropolitana) per rendersi conto di quanto questa città sia poliedrica e contaminata da milioni di mondi diversi. New York è una finestra senza tende di Paolo Cognetti racconta delle case di Brooklyn Heights, perfette illustrazioni della vita borghese; del quartiere di Williamsburg, dove progresso e tradizione convergono in modo inesorabile; del Lower East Side, dove si mescolano le razze e dove le case sono quelle tipiche dei film, con le finestre a ghigliottina e le scale antincendio; di Carroll Gardens, che è come una piccola Italia in terra straniera: “i segni d’Italia nel quartiere sono i circoli per anziani, le piste di bocce nei giardinetti, le chiese cattoliche e determinati personaggi seduti fuori dalle pizzerie, inconfondibili per accento, stazza fisica e gesticolazione”

La cosa certa è che non si può mai arrivare a dire di conoscere bene New York: è una città troppo complessa e che, soprattutto, cambia troppo repentinamente. Il viaggiatore contemporaneo continua a ricercarne l’essenza nella sua versione più sincera, magari anche più sporca e violenta; ma la verità è che qui le cose finiscono e ricominciano continuamente, e non c’è tempo per trovare un filo conduttore o coltivare chissà quale nostalgia. Come dice lo scrittore newyorchese Rick Moody a Paolo Cognetti durante il loro incontro: “New York è una città così complessa che qualsiasi tentativo di definirla sarebbe riduttivo, e cambia così in fretta che qualunque discorso diventa subito vecchio”.

Recensione di Agnese Sabatini

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