Copertina del libro
Copertina del libro "Se ce l'ho fatta io" di Monica Nanetti

Due donne, due biciclette, mezza Italia da percorrere lungo la leggendaria Via Francigena: questo è il punto di partenza di Se ce l’ho fatta io di Monica Nanetti; un diario di viaggio breve, godibile e leggero, che racconta dell’avventura di due protagoniste che, non prendendosi troppo sul serio, trasformano qualcosa di eccezionale in normale e qualcosa di normale in eccezionale.

Di cosa parla Se ce l’ho fatta io di Monica Nanetti?

Monica Nanetti è una giornalista milanese che, superati i cinquant’anni di età e con una situazione lavorativa un po’ in stallo, si rende conto che sia arrivato il momento di fare qualcosa per sé, solo per se stessa. Un bel giorno, tra le pagine del suo diario spunta “un colpo di genio: parto per la Via Francigena. È un progetto perfetto: mi obbligherà a prepararmi fisicamente, anziché lasciarmi andare come ho fatto negli ultimi anni; mi regalerà tanto tempo e tante occasioni per riflettere e guardarmi dentro; mi fornirà spunti per racconti e storie, che perlomeno mi faranno fare una certa figura in compagnia; e poi, non ultimo, un viaggio del genere non richiede grandi spese né investimenti”.
Da questo sogno tirato fuori dal cassetto nasce il libro, un vero e proprio diario di viaggio i cui giorni scandiscono la fase pre-partenza e poi il viaggio stesso. Alla fine, Monica partirà con la sua amica Annita, e le due donne partiranno da Aosta fino a raggiungere Roma, in sella alle loro biciclette.
Il diario di viaggio scorre via che è un piacere: lo stile di scrittura della Nanetti è semplice, non si perde in giri di parole o descrizioni elaborate o riflessioni estremamente profonde. In questo modo, è più facile e divertente seguire le tappe e le disavventure delle due donne, seguire le loro bici sui sentieri e le strade, dalle Alpi alla pianura, dagli Appennini al mare, dai borghi toscani fino al colonnato di Piazza San Pietro. È ancora più facile grazie alle fotografie, che compaiono davvero molto spesso all’interno del viaggio; seppur in bianco e nero, sono molto evocative dei luoghi che Monica e Annita hanno incontrato durante il loro percorso.
Se ce l’ho fatta io di Monica Nanetti ha, infine, anche un carattere pratico; pur non essendo una guida di viaggio, si chiude con una sezione in cui Monica ha racchiuso molte informazioni pratiche e utili per chi volesse intraprendere lo stesso cammino suo e di Annita. Informazioni come il “funzionamento” della Via Francigena, l’equipaggiamento da portare, le principali fonti d’informazione utilizzate, le strutture da loro testate e raccomandate… In questo modo, Se ce l’ho fatta io si presenta come un ottimo libro introduttivo alla Via Francigena in bicicletta, perché racchiude in sé sia la parte informativa, sia quella d’ispirazione al viaggio.

“Mi chiedono quanti chilometri penso di fare al giorno, che tappe ho definito, dove dormirò, e quando a ogni domanda rispondo che non lo so e che una parte del bello sta proprio in questo, vedo lo scetticismo solidificarsi sulle loro facce. A quanto pare, a parere di molti mi sono messa in testa una cosa che non sono assolutamente in grado di portare a termine; eppure se ci penso non mi sembra così impossibile: basta guardare la strada un pezzetto alla volta, e non tutta insieme.”

Elogio allo strumento dell’ironia

La caratteristica che più mi è piaciuta di Se ce l’ho fatta io di Monica Nanetti è senza dubbio l’ironia, la capacità dell’autrice di non prendersi troppo sul serio. D’altronde, perché farlo? Le due donne sono poco preparate, informate al punto giusto; partono non per compiere chissà quale impresa epica, bensì per vivere un’avventura personale. Non vale la pena di prendere le cose seriamente: in questo modo, le due pellegrine si godono l’esperienza senza ansie e senza timori. Questo, infatti, era l’obiettivo sin dall’inizio: “Non c’è un motivo per cui ho deciso di percorrere in bicicletta oltre 1.000 km di via Francigena, dal Gran San Bernardo a Roma. Superato il mezzo secolo di vita, mi è semplicemente venuta voglia di fare qualcosa per me stessa. Qualcosa di sostanzialmente inutile e improduttivo, che mi consentisse di non darmi tempi, impegni o programmazioni. E che, sperabilmente, mi regalasse il solletico dell’imprevisto e dell’inaspettato”.
Da questo non prendersi troppo sul serio scaturisce una serie di disavventure tra il simpatico e il tragi-comico, come quando le due donne si trovano ad attraversare (letteralmente) una lunga biscia sul sentiero, o quando restano rinchiuse dentro a una chiesa. L’ironia torna spesso nello stile di scrittura della Nanetti, che non perde mai occasione di ridimensionare la sua avventura, come quando racconta dei suoi pensieri eroici spazzati via in un attimo dalla presenza di un bus: “Seduta al tavolino, sotto un ombrellone, con il caschetto posato lì davanti, i guantini sfilati e la bici appoggiata al portafiori, inizio a sentirmi davvero dentro un’avventura; siamo in viaggio da quattro giorni, libere, senza vincoli e senza aiuti, contando solo sulle nostre forze, pronte ad affrontare gli imprevisti e le novità, nello spirito di grandi viaggiatori, un po’ Kerouac, un po’ Chatwin, un po’ Terzani; con in più il fascino delle donne libere e indipendenti degli anni Trenta, da Kren Blixen a Amelia Earhart… mentre sono lì che vaneggio e mi autocelebro col pensiero, osservo pigramente il pullman che mi passa davanti e fa manovra nella piazzetta, pensando a come vivono in questa piccola cittadina così lontana dai ritmi e dagli ambienti della grande metropoli, da dove io arrivo. Poi guardo la scritta sull’autobus, “Capolinea San Donato-M3”, e la mia vanità si affloscia come un soufflé. In pratica, in un batter d’occhio quel bus mi porterebbe alla metropolitana che ferma a dieci minuti da casa mia. Farei in tempo a fare la spesa e anche a preparare la cena. Alla faccia dell’avventuriera”.

Cosa ho imparato da Se ce l’ho fatta io di Monica Nanetti

“Una delle domande più pericolose al mondo è ‘perché no?’. Se ti poni una domanda del genere, vuol dire che ti sei già dato una risposta. Ma, soprattutto, se ti poni una domanda del genere è molto probabile che quella che ti è venuta in mente sia un’idea balorda”.
Nonostante Monica Nanetti non abbia la pretesa di insegnare alcunché a nessuno, è inevitabile che si riesca a trarre qualcosa di buono dal racconto di un viaggio così speciale; un viaggio senza vincoli e preoccupazioni, un viaggio che è la piena espressione minimalismo e libertà. L’ispirazione positiva viene dalle protagoniste stesse, due donne che hanno superato la mezza età e che, sfidando gli ammonimenti e le ansie dei loro cari, hanno deciso di buttarsi, e basta. Da questo libro si evince ancora una volta, quindi, di quanto a volte sia giusto lasciarsi andare nelle cose, dare fiducia a noi stessi e ai nostri mezzi perché, quasi sempre, siamo più forti e più avventurosi e più capaci di quello che ci aspettiamo, di quello che noi stessi ci vogliamo far credere.
Da questo libro ho imparato che chiedersi “perché no?” è il sale della vita: il cercare sempre un’avventura nuova da vivere, un’emozione nuova da scoprire. Ho imparato che ciò che dovremmo fare nella vita non è preoccuparci di compiacere gli altri, ma di imparare a superare noi stessi, per essere ogni giorno migliori di quello che eravamo ieri. E per questo sono d’accordo al 100% con le parole finali di Se ce l’ho fatta io di Monica Nanetti: “Trovare un proprio piccolo grande sogno e tentare di metterlo in pratica significa fare qualcosa di importante per se stessi, regalarsi un momento di scoperta e di crescita personale; questo significa, di conseguenza, che ciascuno può affrontare la sua avventura in assoluta serenità, senza ansie da risultato o timori di “non farcela” o di “fare brutta figura”: in questo tipo di “imprese” non c’è nulla da dimostrare a nessuno. I veri ostacoli sono quelli che ciascuno di noi si porta dentro, e il fatto stesso di decidere di mettersi in gioco è di per sé il migliore dei successi e il più grande dei risultati”.

Recensione di: Agnese Sabatini.

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