Copertina del libro
Copertina del libro "Un altro bicchiere di arak. In Iran attraverso la Via della Seta” di Angelo Zinna

Essere grandi viaggiatori non sempre equivale ad essere buoni scrittori. Se la penna, però, è quella di Angelo Zinna ci vorrà un attimo per dimenticare Netflix e tuffarsi in un libro come Un altro bicchiere di arak , che tiene incollati dalla prima all’ultima pagina. Merito di un autore che ripercorre la Via della Seta come un rabdomante che sa bene dove scavare. E proprio mentre attraversa l’Iran, Angelo scava nel passato di questo paese, regalandoci il ritratto di un luogo ricco di fascino e pieno di contraddizioni.

“Il problema è che per fare qualcosa di buono serve ispirazione. Per trovare ispirazione serve curiosità. Per alimentare la curiosità serve il tempo. Non prendersi il tempo di cui abbiamo bisogno significa rinunciare alle proprie idee. Rinunciare ad essere ricchi.”

 

Un’esistenza all’insegna del nomadismo

L’avventura che Angelo Zinna ci racconta è quella di un viaggio che dura cinque anni e inizia dall’Australia, tra un lavoro stagionale e l’altro, fughe improvvisate e una vita vissuta in un pulmino per un anno. Nella terra dei canguri, Angelo lavora inizialmente in una fattoria, ricalcando gli stessi passi di tutti quei backpackers che cercano di guadagnare per potersi concedere una vita in continuo viaggio.

Dopo un anno deciderà di spostarsi in Nuova Zelanda dove, dopo aver messo radici per un po’, capirà di desiderare qualcosa di più di una vita confortevole che ti anestetizza con un lavoro decente e amici decenti.
È così che, mentre realizza che è ora di tornare in Italia per un po’, nell’ autore nasce il desiderio di un viaggio di ritorno che lo porta a fare un giro decisamente largo.
Un percorso da Oriente a Occidente che lo porterà a viaggiare via terra, con il solo ausilio di bus, treni e autostop.
Una decisone che è più una tattica per avvicinarsi meglio alla cultura del posto, ma soprattutto per sacrificare vizi e abitudini, trasformando il viaggio in una sfida mirata a una crescita personale.

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Un viaggio per comprendere che la mappa non è il territorio

La lettura di un libro come Un altro bicchier di arak si rivelerà interessante fin dalle prime pagine, non solo per i luoghi remoti e incredibilmente affascinanti che il lettore non potrà resistere dal segnare sul proprio taccuino dei viaggi futuri, ma soprattutto per l’ironia e la leggerezza con le quali mostra la difficoltà di pianificare un viaggio via terra che deve tener conto di confini, corridoi creati dalla burocrazia o dalla sicurezza e visti d’ingresso.
Un puzzle tutt’altro che semplice da assemblare, quando i paesi in questione sono luoghi come India, Cina, Tibet, Pakistan, Iran, Turchia, caratterizzati da istituzioni instabili e diatribe interne sempre accese.

A quel punto basterà proseguire con la lettura e addentrarsi sempre di più nella piacevole e scorrevolissima narrazione del viaggio, per vedere come il percorso dell’ autore proceda sempre su un doppio livello: quello delle mappe geografiche e quello concreto, dato dall’esperienza personale. Una visione duplice che dimostra come la geografia di una mappa imbriglia i luoghi senza riuscire a restituire l’autenticità del territorio che si cela dietro alla sua cartografia.
A colmare questa distanza, però, ci pensa Zinna che passa dalle cartine sulle quali si arrovella, per pianificare al meglio i suoi spostamenti, ai luoghi fisici, magistralmente raccontati attraverso la loro storia socio-politica, i loro usi e costumi e soprattutto le storie di vita delle persone incontrate lungo la strada.
Il viaggiare di Angelo Zinna non è un semplice spostarsi da un posto all’altro, è più uno scandagliare, un guardare dietro le quinte delle convinzioni più radicate, un addentrasi nel sottobosco della cultura locale, per capire le radici di ogni credenza e le idee alla base di ogni scelta.

Scoprire l’Iran dietro gli stereotipi

Un altro bicchiere di arak è un libro che ruota soprattutto attorno a panorami umani. Così, pagina dopo pagina, ci si stupirà di quanto viaggiare in Persia voglia dire non riuscire a stare mai da solo, perché l’ospite è sacro e va accolto nel migliore dei modi.
Ecco perché chiedere un passaggio dà luogo a divertentissimi siparietti, dove il viaggiatore di turno viene invitato a casa dai locali, sistemato per la cena, per la notte e anche per le settimane a venire, se lo desidera.

Anche il cibo, però, è una lente attraverso la quale scoprire un paese e Zinna racconta tantissimi spassosi aneddoti legati alla tradizione culinaria dei luoghi che visita, regalandoci esperienze sensoriali che ci danno l’impressione di essere lì con lui, a cercare di bere il tè in bicchieri di vetro senza ustionarsi o a mandare giù quel cervello di capra che sarebbe offensivo rifiutare.
A completare il ritratto di un Iran capace di stregare, fanno capolino le vicende storico-culturali, irrinunciabili per comprendere le sfumature di un popolo che guarda all’Occidente ma senza mai voltare le spalle alla propria identità.
D’altronde il vero viaggiatore sa che è indispensabile viaggiare col proprio corpo, ma soprattutto con la propria testa, superando i confini dei propri orizzonti mentali e abbandonando per strada pregiudizi e presunzioni di superiorità.

Recensione di Gabriella Ferracane

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