Una donna nella notte polare è il racconto di un viaggio ai confini del mondo dove a tessere la trama non è l’uomo, bensì la natura. Con tono leggero ma profondo e uno stile sobrio e trattenuto Christiane Ritter, pittrice e scrittrice viennese, narra del suo inverno trascorso al Polo Nord e attraverso la descrizione di paesaggi sontuosi e immagini evocative ci travolge nel turbinio di emozioni che scorrono tra le sue pagine come sangue nelle vene.
UNA DONNA NELLA NOTTE POLARE: LA SOLITUDINE NELL’IMMENSITÀ DELL’ARTICO
Siamo nel 1934 quando Christiane Ritter – sposata con un cacciatore che da tre anni vive confinato per lavoro sull’isola di Spitzberg, la più estesa delle Svalbard – decide di seguire il richiamo dell’Artico e raggiunge il marito per trascorrere con lui l’inverno nel nulla del mare tra Norvegia, Groenlandia e Russia, in quella parte di mondo nota come il Grande Nord.
C’è chi ritiene che la solitudine sia una condizione dell’animo e Christiane è l’espressione tangibile di questo sentire. Il primo impatto è tutt’altro che rincuorante per una donna europea abituata alla mondanità della capitale austriaca: lascia la patria con l’idea di recarsi in un luogo rilassante dove godere il tepore della stufa e dedicarsi alle sue passioni in tranquillità e si ritrova davanti a una piccola capanna malmessa sulla riva di un fiordo solitario distante duecentocinquanta chilometri dall’ultimo insediamento umano.
Duecentocinquanta chilometri non sono pochi, soprattutto se consideriamo che la Ritter trascorre a Spitzberg un anno intero con la sola compagnia del marito e di Karl, il marinaio che vive con loro. Tu accetteresti mai di vivere un periodo così lungo nella quasi totale solitudine, a una temperatura tra i 40 °C di minima e i 20 °C di massima, con un paesaggio immerso nel crepuscolo sempre più lungo e un ambiente privo di agi, comodità e rifornimenti, totalmente in balia della natura ostile? Io no, nemmeno se mi pagassero a peso d’oro!
All’arrivo Christiane è spaesata: fatica a riconoscere il marito, ben più calmo e tollerante dell’epoca in cui viveva in Europa, e a condividere il suo amore per un luogo così poco allettante dove potrebbe accadere loro qualunque cosa e nessuno verrebbe a saperlo. Con il passare del tempo però, tra gli incontri con foche, orsi e volpi artiche, le lunghe camminate sul ghiaccio e i mesi trascorsi nella notte senza fine, anche lei se ne ritrova innamorata e lo smarrimento iniziale lascia spazio alla pace interiore e a una rinnovata gratitudine verso l’incanto della vita.
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IL SENSO DEL TEMPO NELLA NOTTE POLARE
A fare da cornice all’immensità dell’Artico è la dissoluzione del tempo che si manifesta nella lotta tra la luce del giorno, sempre più arrendevole, e quella della luna, sempre più vittoriosa: il 16 ottobre a Spitzberg appare l’ultimo sole e ha inizio la notte polare che si protrarrà fino al 25 febbraio. Centotrentadue giorni, apparentemente tutti uguali. Centotrentadue interminabili giorni che farebbero perdere la testa a molti di noi.
In una situazione di questo tipo saltano tutti i punti di riferimento e i concetti di spazio e di tempo si svuotano di significato, il buio confonde la mente e la mette in relazione con il suo io più profondo. Un io non sempre facile da affrontare che genera riflessioni profonde sul rapporto con se stessi e con gli altri, sul rispetto verso il pianeta e sulla necessità di ripensare il proprio tempo e le proprie priorità.
UNA DONNA NELLA NOTTE POLARE: IL FASCINO DELL’ARTICO
Qual è la prima immagine che ti viene in mente se pensi all’Artico? A me un’infinita distesa di ghiaccio che si declina nelle differenti tonalità di bianco.
Ci vogliono coraggio e pazienza per vivere nel mezzo di quell’immensità monocroma che la Ritter, da brava pittrice, descrive come una sinfonia di colori: il verde smeraldo delle acque dei fiordi su cui si affacciano ripide montagne che fluttuano tra il viola scuro e il rame, il cielo rosso fuoco con le nuvole arancioni che tendono al rosa e annunciano l’alba e infine lei, l’aurora boreale, che pennella la terra di verde, rosa, viola e turchese avvolgendola nel silenzio cosmico.
Una donna nella notte polare è un libro che invoglia a partire per il Grande Nord e a riscoprire la vita nella sua semplicità.
Recensione di Diana Facile