Copertina del libro
Copertina del libro "Wasteland. Viaggio nella California dimenticata tra città fantasma e deserti addormentati" di Alessia Turri

Lontano dal Pacifico e dai riflettori del consumismo turistico, Wasteland di Alessia Turri racconta una California nascosta, dimenticata. Abbandonata.

WASTELAND DI ALESSIA TURRI: VIAGGIO NELLA CALIFORNIA DIMENTICATA TRA CITTÀ FANTASMA E DESERTI ADDORMENTATI

Wasteland, primo libro della giovane autrice, ci conduce alla scoperta di luoghi altri. Insoliti posti, remoti e sperduti, di una California sconosciuta ai più. Luoghi consumati dal loro stesso splendore, logori e irriconoscibili. Luoghi di ricchezza e lusso da sfoggiare. Candore e consumismo, un tempo, ormai andati. I contrasti di un’America che tutto dà e tutto toglie: la terra dei sogni e degli incubi. L’emblema di una società opportunista, di cui spesso non rimangono che cartelli autocelebrativi arrugginiti.

Il libro è una sorta di reportage, un insieme di brevi racconti a cui si aggiunge un ricco portfolio fotografico, a cura dell’autrice stessa. Alessia ha sempre sentito la necessità di viaggiare, spostarsi, per esplorare e scoprire. Ha intrapreso il suo primo viaggio in California a 19 anni, in solitaria. Da quel momento non ha mai smesso. Appassionata di fotografia e scrittura, ogni anno dedica un mese circa alla scoperta di luoghi statunitensi insoliti, da raccontare nei suoi libri.

Dal Salton Sea a Slab City, sull’asfalto consumata della strada madre fino al Mojave e infine nei sobborghi di una Los Angeles ignota, lontano dai riflettori delle star di Hollywood e dalla grottesca Venice Beach. Oltre gli stereotipi americani del grande sogno. La California, dietro le quinte.

Nascoste, dietro l’immagine da cartolina, storie. Alessia racconta l’insolito attraverso le testimonianze di coloro che ha incontrato lungo la strada. Storie vere, tutte, spesso raccontate con nomi fittizi per proteggerne la privacy. Tutte le storie provenienti dal passato, invece, sono frutto di ricerche approfondite su quotidiani, fotografie e video d’epoca, testimonianze degli abitanti dei luoghi e storie tramandate da generazioni nelle comunità.

“La California è oblio. È gente dimenticata, persa, dispersa. È tentazione, confusione, perdizione. La California è immondizia, rifiuti, pattume di vite he furono. Ma più di tutto, la California è terra. Terra infinita, a perdita d’occhio. Terra dura, morbida, sgretolata, spalata.”

LA CALIFORNIA DEI LUOGHI INSOLITI

Wasteland percorre le piste meno battute, le strade meno affollate, le storie più nascoste. Alessia non cerca lo straordinario, ma al contrario preferisce tutte le realtà semplici. Talmente semplici da passare il più delle volte inosservate.

Tra le molte zone raccontate, alcune un tempo godevano di spontanea naturalezza. Era il tempo in cui le terre appartenevano ai nativi, prima dell’arrivo degli europei. Prima che l’America si trasformasse in un sontuoso abito di paillettes, col suo accecante luccichio.

Un luccichio destinato ad affievolirsi. Un fuoco di paglia destinato a spegnersi. Come per esempio la zona del Salton Sea – il lago più grande della California. Florido, debordante di turisti a bordo dell’acqua. Tra famiglie borghesi, scafi parcheggiati, tende, camper e roulotte, negli anni ’60 qui era un vero lusso. L’iconico posto dei sogni in cui passare le vacanze, con occhiali grossi e foulard infiocchettati tra i capelli. L’effimero splendore americano.

Tutto sembra tacere oggi, consumato dal caldo cocente e dalla foga dell’uomo.

Affinché diventasse un prospero luogo turistico, si è ottenuto il risultato opposto: pesticidi e fertilizzanti, utilizzati negli anni, lo hanno inquinato completamente, riducendo flora a fauna a brandelli. Non restano che scheletri, ossa di pesci e uccelli che ricoprono l’intera superfice.

Bombay Beach e Salton City sono ancora abitate e qui il senso di comunità è molto forte. Purtroppo la vita sulle sponde del lago non è facile oggigiorno. Svariate le problematiche ambientali, a cui si aggiunge lo scarso interesse da parte degli enti governativi e le situazioni economiche, spesso precarie, degli abitanti, non permettono una riqualifica del territorio, che al momento versa in un tragico stato di apparente abbandono.

A pochi chilometri dal lago, la bizzarria umana esplode: lontano dal caos urbano, Slab City è uno strano villaggio che ogni anno nei mesi invernali – in estate le temperature raggiungono picchi troppo alti – richiama pensionati, hippie, nomadi e gente stravagante d’ogni provenienza.

Alessia, che dagli slabbers – è così che si chiamano i residenti del luogo – ormai si è recata più volte, racconta le loro abitudini, la loro quotidianità. Assetati di libertà e a corto di denaro, gli slabbers si accampano in camper o roulotte e si nutrono d’arte, musica e letteratura. 

UNA LOS ANGELES INEDITA

Aldilà delle statuette dorate, dei locali in dove è facile incontrare ogni sera un vip diverso, delle spiagge sconfinate che rievocano un’infinità di storici ciak, le pagine di Alessia raccontano uno spaccato di vita, pur sempre quotidiana, che sfonda l’illusione del convenzionale.

Wasteland vuole ricercare un’identità californiana differente, una verità tra le righe delle contraddizioni dell’american dream.

Alessia ha oltrepassato la soglia del conformismo dei calzettoni di spugna, degli skaters con radio in spalla, dei murales pittoreschi dove farsi ritrarre, in posa, in classico Instagram style. Oltre la rinomata superficie di Downtown, Hollywood e Chinatown, narra storie di mani ruvide e consumate di chi fruga nei cassonetti per ore, per poter sopravvivere alla notte. Di chi ha conosciuto il benessere e l’ha perso d’un tratto senza troppe spiegazioni. Dei marciapiedi che sono case, delle coperte che sono stanze. A due passi dal Financial District, Skid Row è il buco nero. Un terzo mondo nel cuore della florida metropoli.

Una realtà a parte, fatta di senzatetto e tossicodipendenti, di cartoni consumati e lacrime amare.

Storie di persone. Umane, come gli altri, ma dimenticate, ignorate, abbandonate a se stesse e al proprio destino.

Recensione di: Isabella Bradascio

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