Copertina del libro
Copertina del libro "Fantasmi: i dispacci dalla Cambogia" di Tiziano Terzani

“Fantasmi, dispacci dalla Cambogia” è una raccolta di articoli scritti da Tiziano Terzani e apparsi su diverse testate italiane e su Der Spiegel a partire dal 1973 fino ad arrivare agli anni ‘90.

Nel libro vengono quindi presi in esame trent’anni di storia di questo piccolo paese del sud est asiatico che in pochi conoscono; almeno da un punto di vista più profondo.

Tiziano Terzani nutre un grande amore per il continente asiatico ed in particolare per la Cambogia: la sua gente, le sue tradizioni, la sua natura, gli stupefacenti templi come quello di Angkor, la lingua locale e lo ama anche per la fugace illusione di un nuovo mondo che si sarebbe potuto instaurare con la rivoluzione.

In questo paese Terzani trascorre molto tempo, tanto da diventare testimone della sua trasformazione da piccolo e povero paradiso terrestre ad inferno.

L’evoluzione della Cambogia nei racconti di Tiziano Terzani

In questo libro il racconto inizia proprio dagli anni ‘70 perché è in questa decade che la Cambogia passa da insignificante staterello quale era ad importante scenario per la politica internazionale. In quegli anni c’è la guerra in Vietnam e così la Cambogia, come anche il Laos, dopo aver ottenuto da non molto tempo l’indipendenza dalla Francia, si trovano loro malgrado coinvolti in un nuovo scontro. Ci fu poi un colpo di stato contro il governo neutrale di Sihanouk e il lento affiorare di un misterioso gruppo di ribelli che vivevano nella foresta nascosti da tutti: i khmer rossi.

Se inizialmente questo gruppo veniva visto con simpatia, anche da Terzani stesso, presto questa frangia estremista di ispirazione marxista – leninista si rivelò per quello che era: un incubo.

Dal 1975 al 1979 Pol Pot e i suoi fedeli governarono la Cambogia schiavizzando e massacrando sistematicamente la sua popolazione. In quei quattro anni in cui il paese fu chiuso ermeticamente all’esterno, la dittatura sterminò circa un milione e mezzo di abitanti (quasi un terzo dell’intera popolazione cambogiana). L’obiettivo di Pol Pot era quello di creare un uomo nuovo, un individuo da plasmare da zero, fin da bambino. I khmer rossi auspicavano un totale ritorno alla campagna e l’eliminazione del denaro. In questa visione gli intellettuali, ma semplicemente coloro che sapevano leggere e scrivere – ergo coloro che portavano gli occhiali – erano solo carne da macello. Donne, bambini ed anziani, nessuno venne risparmiato da quella che poteva sembrare una follia ma che in realtà era un piano d’azione lucido e ben pianificato.

Negli anni in cui il paese rimase chiuso all’esterno, molti intellettuali stranieri – e Terzani in primis – faticavano a credere agli orrori raccontati dai rifugiati che riuscivano a scappare in Thailandia. Tutte queste voci che trapelavano, potevano essere soltanto propaganda americana?

Purtroppo ben presto si scoprì che tutto era vero, che quel piccolo paese felice si era trasformato in un vero inferno.

“Questo paese è diventato per me la scoraggiante riprova di come al mondo non c’è giustizia, di come l’umanità ha perso la capacità morale d’indignarsi e di come la vita finisce sempre per trionfare sulla morte, ma lo fa nel più primitivo e crudele dei modi.”

Guerra in Cambogia: Terzani in prima linea

Per molto tempo, in molti articoli riportati in “Fantasmi, dispacci dalla Cambogia” vediamo un Terzani dubbioso, scettico, che si fa mille domande e non ha un’idea ben chiara su quale lato della storia schierarsi.

Nei quattro anni della dittatura di Pol Pot i giornalisti non possono entrare nel paese e l’opinione pubblica mondiale non può che affidarsi alle voci di chi è scappato, all’esercito americano presente sul territorio, ai racconti degli ufficiali cambogiani che invece viaggiano, degli alleati di Pol Pot che hanno il permesso di entrare, vedere e riportare all’esterno.

Qual è la verità? Esiste una guerra in Cambogia? Cosa si nasconde dietro quei confini non è facile da comprendere. Soprattutto se, come Terzani, per inclinazione personale ed ideologica è difficile accettare che la rivoluzione e il comunismo non siano altro che una dittatura dove pochissimi prosperano sulle tragedie di molti uomini comuni.

Anche Terzani però alla fine dovrà cedere all’evidenza. Il racconto di come ritrova quel paese che tanto aveva amato, una volta cacciato Pol Pot, è straziante e sconcertante.

La fame e la miseria si vedono ad ogni angolo delle strade, i cani non girano più perché la popolazione, disperata, ha mangiato anche loro, uomini che camminano con lo sguardo spento senza una meta, attoniti, impauriti, docili, senza la più benché minima voglia di vivere.

Le fosse comuni strabordano di ossa; durante una passeggiata in campagna si può inciampare in qualche resto umano come se niente fosse. Ancora oggi non è impossibile incontrare situazioni di questo tipo, visto che non c’è mai stata una vera opera di bonifica.

Non solo le risaie ormai sono infertili, anche le donne lo sono diventate e i cambogiani non riescono più a riprodursi.

Se la Cambogia è sempre stata una terra di leggende e fantasmi, dopo i khmer rossi il termine “fantasma” assume per Terzani anche una valenza differente.

I carnefici non sono mai stati puniti, i processi sono stati tardivi ed inefficienti, i processi di pacificazione e stabilizzazione, guidati dalle grandi potenze e da organismi internazionali come l’ONU, hanno coinvolto in maniera diretta anche coloro che sono stati complici di Pol Pot e di questo atroce genocidio. Anzi, qualcuno chiama addirittura “eccellenza” personaggi più che controversi. Pol Pot non è mai stato punito ed è morto beatamente nel 1998.

La Cambogia è una terra di fantasmi, di vittime dimenticate che vagano senza nemmeno cercarla quella giustizia che a loro spetterebbe, di carnefici che convivono ancora accanto alle famiglie che hanno distrutto per sempre, di stranieri che volevano importare la civiltà e la pace ed hanno finito per creare mostri senza tempo.

“Fantasmi, dispacci dalla Cambogia” è una libro che vi consiglio assolutamente di leggere per approfondire attraverso uno stile diretto, semplice, chiaro, ma ovviamente anche crudo, la storia della Cambogia e una delle pagine più buie di tutta l’umanità.

Recensione di: Sara Ciolini.

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