Copertina del libro "Pakistan Zindabad: Di canti, chai e biciclette" di Filippo Graglia
Copertina del libro "Pakistan Zindabad: Di canti, chai e biciclette" di Filippo Graglia

Bisogna essere motivati per sfidare i limiti imposti dall’immaginario collettivo e decidersi a partire per il Pakistan di cui tutto si può dire salvo che sia un paese facile, ma a Filippo Graglia le strade in discesa sembra non dicano granché e dopo la traversata del continente africano – da cui il libro All’orizzonte un Toubabou. 25.000 km di emozioni in bici – si rimette in sella e inizia una nuova avventura in cerca d’autenticità: Pakistan Zindabad. Di canti, chai e biciclette, il suo secondo libro, è il racconto di un viaggio vissuto con il corpo, con la mente e con il cuore.

Che bella sensazione. Non la provavo da parecchio tempo, forse dal viaggio in Africa. Quella sensazione sempre simile, eppure ogni volta diversa, di sentirsi sempre a casa, pur lontano da casa. Probabilmente è vero: casa è dove si posteggia la bici.

PAKISTAN A PASSO LENTO

Il Pakistan non è un paese per tutti e lo dico a ragion veduta avendoci viaggiato ben due volte negli ultimi quattro anni: ha tanto da offrire al visitatore, ma la strada per entrare a gamba tesa nei circuiti del turismo internazionale è ancora lunga e tortuosa. Un po’ come quella percorsa da Filippo che attraversando in bicicletta scenari dalla bellezza indicibile, riesce a cogliere colori, profumi e carattere del paese e dei suoi abitanti. A lui non interessa accumulare chilometri, quel che gli preme è conoscere i luoghi nella loro essenza e intimità.

Per Filippo Graglia il Pakistan è come un frutto composto di spicchi che corrispondono ai diversi dipartimenti presenti sul territorio e ogni spicchio rappresenta un mondo a sé con una propria lingua, una propria storia e una propria cultura. Un paese così ricco e complesso va affrontato con calma, a passo lento: Filippo non parte con la presunzione di poter capire il Pakistan, ma nemmeno vuole limitarsi ad annusarlo e per non disperdere tempo ed energie, decide di concentrare i suoi due mesi di viaggio su una zona, il nord, e di gustarsela a fondo.

Questa è un po’ la prerogativa di chi viaggia a piedi o in bicicletta e si muove in un mondo dove i sensi si aguzzano e le percezioni si amplificano al fine di non lasciarsi sfuggire nulla, nemmeno la sfumatura più sbiadita.

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PAKISTAN ZINDABAD: IL RACCONTO DI UNA CULTURA LONTANA

Il libro di Filippo Graglia va oltre la cronaca dettagliata e puntuale dei suoi due mesi di viaggio nel Pakistan del nord e dopo aver tratteggiato i contorni di una cultura a noi lontana, la condisce di dati e riflessioni personali che hanno il pregio di non sfociare mai nel giudizio contaminato dalla visione occidentale di cui siamo tutti un po’ vittime.

Nel racconto del viaggio, il Filippo narrante si interrompe per lasciar spazio agli incisi, più o meno lunghi e mai banali, con cui affronta temi delicati e spinosi tra cui la religione, la questione del Kashmir e il ruolo della donna nella società. Lo fa in maniera neutra, analitica, supportando le sue parole con fonti documentali destinate al lettore curioso, quello che vuole grattare la superficie e andare a fondo nella comprensione del vero Pakistan.

Per alleggerire il tono, Filippo avvisa il lettore non interessato all’argomento che può riprendere dalla tal pagina “senza sentirsi in colpa o timore di trascurare dettagli essenziali della trama”, uno stratagemma ben riuscito che anziché intimorire, invoglia ad approfondire.

IL CAPITALE UMANO DEL PAKISTAN

Un viaggio senza incontri è come un piatto di pasta senza sale, sa di poco, ma in un paese ricco di capitale umano quale il Pakistan è difficile mangiare scondito: l’incontro è all’ordine del giorno se si è pronti a viverlo senza timori e pregiudizi, dote che a Filippo Graglia non manca.

Perché prima di essere un autore, Filippo è un viaggiatore che si muove a cuore e mente aperti e la sua capacità di saper prendere e dare si riversa e inonda le pagine di Pakistan Zindabad: pagine che traboccano di scambi, di incontri e di un calore che a volte può risultare quasi fastidioso, ma che il più delle volte tocca le corde dell’anima.

Un viaggio fatto di incontri e un libro fatto di storie. Tante. Tutte quelle che Filippo incrocia lungo il cammino, pedalando tra le strade di un paese aspro e selvaggio come il Pakistan. Il paese che agli occhi dell’opinione pubblica è sinonimo di terrorismo, estremismo religioso e violenza contro le minoranze è lo stesso paese che non esita nell’aprirgli le porte di casa e del cuore e diventa il paese di cui si fa portavoce, raccontandolo nella sua autenticità.

Recensione di Diana Facile

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